Vi ricordate l'edrahbo? La treccia di perle che tutti i Draghi dell'Acqua mostrano con fierezza? E' il modo in cui questi Draghi giurano fedeltà e amore eterno a qualcuno. Vi ripropongo la leggenda che si cela dietro questa acconciatura tradizionale.
Edrahbo era un valorosissimo generale dell'esercito dei Draghi dell'Acqua. Alla fine della sua carriera, desiderava ritirarsi ma il re gli chiese di combattere un'ultima guerra contro i Draghi del Fuoco.
Questi ultimi, però, gli avevano teso un tranello: appena il Generale partì, costrinsero dei Maghi ad abbassare le maree della capitale dei Draghi dell'Acqua e la saccheggiarono uccidendo senza pietà tutti gli abitanti. Quando Edrahbo e il suo esercito tornarono, scoprirono quello che era accaduto e si sentirono molto in colpa per essere stati tanto sciocchi. Disperato, Edrahbo prese le perle da una collana di sua moglie, anche lei morta nell'attacco, e le legò intrecciandole in una ciocca dei suoi capelli. A quel punto, folle di rabbia, marciò con il suo esercito fino alla capitale dei Draghi del Fuoco dove vendicò i caduti e riprese i tesori rubati. Edrahbo, però, non era felice perché questo non aveva lenito il dolore per la perdita di tutti i suoi cari.
Si recò allora al palazzo dei Draghi di Diamante, sovrani di tutta Kirashim perché questi ultimi avevano il potere di ridare la vita a coloro che erano morti. Edrahbo li supplicò, piangendo calde lacrime, di restituire la vita a tutti i caduti di Agadria e pare che le sue preghiere furono così convincenti che il re decise di riportare in vita tutte le vittime di quella guerra, compresa la famiglia di Edrahbo. Il generale fu così felice di riavere accanto sua moglie e i suoi figli che decise di non togliere mai più le perle dai capelli, giurando che li avrebbe continuati a proteggere per sempre.
Sull'isola di Azla regnava un tiranno molto temuto di nome Skenokas (nella lingua dei draghi significa Tempesta di Sangue). Egli era un Drago della Morte spietato, che provava piacere nell'infliggere sofferenza al prossimo.
Un giorno arrivò sull'isola un Drago della Morte bastardo, da tutti conosciuto con il nome di Millabarr (che significa Strappa Ali). Quest'ultimo sosteneva di essere il figlio del re e intimò a Skenokas di lasciargli il trono. Il tiranno lo derise, facendogli notare che in un combattimento avrebbe di certo avuto la peggio ma Millabarr si disse sicuro della vittoria e sfidò a duello suo padre.
La battaglia durò svariate ore e il paesaggio di Azla, da allora, porta ancora i segni di quello scontro. Sotto lo sguardo incredulo della famiglia reale, Millabarr strappò al vecchio re prima le ali e poi gli arti. Infine gettò il corpo dilaniato di Skenokas nelle profondità di un lago, da allora chiamato Kuntho, cioè Vendetta, le cui acque sono color cremisi perché Millabarr maledisse il cadavere di suo padre perché sanguinasse in eterno.
Il lago Kuntho è talmente profondo e torbido che nessuno ha mai visto il corpo di Skenokas; del resto, nessuno ha mai avuto il coraggio di cercarlo per paura della maledizione di Millabarr.
Oghe era un pittore con un potere molto speciale perché si poteva entrare nelle opere dell'artista e restarci per un tempo indefinito. Un giorno d'autunno Oghe si recò ad Asdar, dove regnavano i bellissimi Draghi di Diamante, per fare un ritratto del palazzo reale: mentre sistemava la tavolozza, vide una delle principesse e se ne innamorò perdutamente.
Per farsi notare dalla giovane, Oghe le regalò un quadro che ritraeva un albero su cui vi erano fiori mai visti prima. La giovane si disse lusingata dal dono ma confessò che mai avrebbe potuto innamorarsi di un essere umano perché trovava i loro usi e costumi troppo diversi.
Oghe accettò il rifiuto con dignità ma il suo cuore rimase devastato dall'accaduto. Prima di lasciare la capitale, fece recapitare alla principessa un quadro in cui erano ritratte due persone che si abbracciavano in un tramonto. La ragazza fu molto felice del dono e cercò il pittore per ringraziarlo, ma invano: Oghe sembrava sparito nel nulla. La ragazza non sapeva, infatti, che Oghe aveva ritratto solo una figura nel quadro: lei. L'altra persona era lui che, una volta finito il dipinto, era entrato per poterla tenere stretta a sé per sempre. La principessa, sentendosi in colpa per la sparizione del pittore chiese a uno dei Guardiani di Wulferden di donarle un suo ricordo. Il guardiano diede vita al fiore che Oghe aveva dipinto nel quadro e lo donò alla principessa. Quello fu il primo fiore di Oghe della storia.
Qualcuno dice anche che quadro che rappresenta Oghe e la principessa sia ancora presente al palazzo di Asdar, ma nessuno sa dove sia.
Migliaia di anni fa nelle terre dei Draghi del Vento c'era un'atroce guerra scoppiata tra due famiglie nobili che combattevano per il possesso di una zona costiera molto ricca. Le storie dicono che i Draghi provarono in tutti i modi a fermarli ma ogni volta che sembrava che la situazione si fosse calmata, accadeva sempre qualcosa che faceva ricominciare gli scontri. Un giorno giunse una ragazza, una figlia di nessuno, che era disgustata dalle atrocità che venivano commesse a discapito degli innocenti. La ragazza fece sapere ai generali di entrambe le fazioni che se non avessero smesso immediatamente di farsi guerra, lei stessa, da sola, avrebbe sbaragliato entrambi i loro eserciti in nome del dio Edrahel. I capi delle due famiglie rimasero perplessi da quelle affermazioni tanto ardite ma ne ebbero comunque paura. Si allearono per ucciderla in un agguato ma le cose andarono in modo molto diverso. Appena sferrarono l'attacco, la giovane alzò le mani al cielo e fece una preghiera a Edrahel: il suo corpo cominciò a brillare di una luce fortissima e i suoi capelli, così come la sua pelle e gli abiti, divennero bianchi come la luna. In mano le comparve una spada luminosa (l'Inazuma) e al collo un pendaglio.
La ragazza minacciò a gran voce di uccidere chiunque non avesse interrotto quell'assurda guerra e molti soldati scapparono atterriti dalla visione. Altri, invece, pensavano fose un'illusione creata con la magia e attaccarono. Le leggende dicono che quella ragazza combatté con la velocità di mille lampi messi insieme e che sbaragliò chiunque le si fosse parato innanzi. Ciò che lasciò tutti basiti fu che i suoi abiti, i suoi capelli e la sua pelle, non si macchiarono neppure di una goccia di sangue.
Successivamente, la ragazza fu convocata a palazzo dei Draghi dei Vento e nominata grande protettrice delle loro terre. Le fu anche concesso un titolo nobiliare e fu chiamata Lady Yukidama, cioè "Spirito della neve".
Si dice che al centro del lago di Solea una volta sorgesse un'isola, dove vivevano delle Nienphe. Una di esse, che si chiamava Marguerite, contravvenne alle regole del suo popolo e si innamorò di un Hielf. La legge delle Nienphe, infatti, non permetteva (e non permette tutt'ora) di sposarsi perché nessun uomo viene considerato degno di passare la propria vita al fianco di una Nienphe. Marguerite, però, era così innamorata che fuggì con il suo amante e diede alla luce una bellissima bambina per metà Hielf e per metà Nienphe. Le altre Niephe, però, scoprirono dove si trovava Marguerite e la riportarono sull'isola, lasciando quella figlia impura alle cure del padre: per punire la fuggitiva, la trasformarono in un albero proprio al centro del loro villaggio.
La pianta non produsse mai né fiori né frutti ma Marguerite rimase in quello stato così a lungo che le sue radici crebbero in tutto il terreno dell'isola.
Dopo molti anni, arrivò al villaggio un Mago insieme a una ragazza dalla bellezza quasi pari a quella delle Nienphe che era, in realtà, la figlia di Marguerite. In gran segreto, il Mago si dedicò a un complesso incantesimo e riuscì a invertire la trasformazione di Marguerite.
Ritirando le radici, però, l'isola si indebolì e affondò nelle acque del lago. Le altre Nienphe, per non morire, si trasformarono in piccoli fiori blu che si possono vedere solo in quelle acque, mentre il Mago volò via, portando in salvo sia Marguerite che sua figlia.
Tanto tempo fa, nacque un piccolo Drago di nome Wontan. Era figlio di una femmina di Drago dell'Acqua e un maschio di Drago della Terra, quindi era un cosiddetto "drago di vetro". Questi ultimi, generalmente, venivano considerati impuri dai propri simili, quindi disprezzati, e per Wontan non c'erano state eccezioni. Il Drago passò un'infanzia difficile ad Agadria, ma ci mise poco per eccellere nell'arte del combattimento grazie al fisico possente ereditato dal padre. Fu notato dal generale Edrabho, che lo spinse ad arruolarsi e lo prese sotto la sua ala protettrice.
Quando il Generale tornò dalla sua ultima battaglia, anche Wontan decise di ritirarsi a vita privata e comprò un castello a Sud delle terre dei Draghi del Deserto, oltre le montagne che si trovavano quasi a picco sul mare.
Wontan cominciò a proteggere gli abitanti dell'unico villaggio vicino, Maleh, e ogni sera si alzava in volo soffiando un'acqua molto particolare, che rendeva fertile perfino la sabbia del deserto.
In breve tempo si sparse la voce che esisteva "una fontana in mezzo al mare" e in molti andarono a cercarla, sperando di impadronirsi di quell'acqua magica. Wontan, però, sottoponeva ogni straniero a delle prove per capire chi fosse degno dei suoi doni e molti tornavano a casa a mani vuote.
Durante la ribellione del Quarto Guardiano, inoltre, l'area fu devastata e il palazzo di Wontan fu inabissato. Il potente Drago ricostruì sia la sua dimora sott'acqua che tutta Maleh sulla costa, ricominciando subito a prendersi cura dei suoi abitanti.
Ogni notte, comunque, fa ancora piovere l'acqua magica su Maleh e si dice che chiunque osi dar fastidio agli abitanti del villaggio, venga pietrificato senza pietà.
Inoltre, quei pochi che affermano di essere riusciti a visitare il suo palazzo sottomarino, raccontano che sia il più splendente e colorato dell'intera Kirashim.
Questo perché Wontan riceve in dono dagli abitanti di Maleh una perla per ogni bambino che nasce, e non potendo inserirle tutte nel suo edrabho, le incastona direttamente nelle pareti del suo palazzo.
Questa è la leggenda di "Wontan di maleh" che, nei secoli, la gente ha trasformato erroneamente in "Fontana del Mare".
Si racconta che quando il Quarto Guardiano provò a impadronirsi del mondo, creò un'armatura per il suo generale che fosse in grado di sconfiggere anche gli avversari più temibili.
L'armatura era composta da cinque pezzi: l'Elmo dell'Invincibilità, lo Scudo della Morte, gli Stivali del Caos, la Spada della Distruzione e il Pettorale della Vittoria.
L'Elmo dell'Invincibilità aveva il potere di rendere invisibile il suo portatore, lo Scudo della Morte uccideva chiunque lo colpisse, gli Stivali del Caos potevano creare dei terremoti o squarci nella terra, la Spada della Distruzione spaccava gli avversari come se fossero fatti di vetro. Del Pettorale della Vittoria, invece, nessuno sa nulla.
In ogni caso, questi cinque artefatti si persero nella battaglia in cui il Guardiano malvagio fu sconfitto e nessuno sa dove si trovino adesso. Qualcuno dice che i seguaci del Guardiano li stiano cercando in segreto, ma molti sostengono che sia impossibile ritrovarli perché i tre Guardiani buoni li distrussero.
Dagbah era un giovane Alfa che viveva a Payil migliaia di anni fa. Sua moglie Zala, invece, era una femmina molto orgogliosa e bella. Un giorno Zala si recò ad Asdar e incontrò un Drago della Morte potentissimo, molto malvagio ed egoista, che aveva un debole per le donne lupo. Si chiamava Skenokas. Quando Skenokas vide Zala, si invaghì della sua bellezza e decise che doveva possederla. Le fece un incantesimo per convincerla a concedersi ma per fortuna arrivò Dagbah a salvarla. O, almeno, così credeva.
Skenokas non uccise Dagbah e Zala ma li maledisse: non appena fosse nato un erede alla coppia, loro sarebbero morti. Inoltre sentenziò che anche il bambino sarebbe stato maledetto e gli sarebbe toccata la stessa sorte dei suoi genitori una volta divenuto padre. La maledizione, dunque, si sarebbe trasmessa per sempre a tutti i loro discendenti, maschi o femmine che fossero. Per evitare, quindi che la maledizione tornasse a colpire il popolo dei Laigo, i capi decisero di vietare il matrimonio con altre razze.
Simona Affabile © 2020 Informazioni sulla Privacy, Crediti e Cookie |